Quale transizione ecologica?



 

La transizione ecologica può rivelarsi una nuova utopia? Facciamo un passo indietro e ricordiamo che la rivoluzione industriale del XVIII sec. è partita con la nascita della macchina a vapore, essa ha portato con sé l'aumento dell'inquinamento: per farla funzionare era necessario il vituperato carbone fossile. Ogni passo avanti dell'umanità sembra portare con sé la distruzione dell'ambiente e la transizione ecologica pare essere una delle tante utopie. L'Utopia è il titolo del celebre romanzo di Thomas More, nome italianizzato con Tommaso Moro, che fu un umanista di grande fama, ma anche scrittore, politico e filosofo. Per la sua opera, pubblicata nel 1516, prese ispirazione dalla Repubblica di Platone, lo scritto è anch'esso in forma dialogica dove l'autore descrive il viaggio del protagonista verso un'isola che non esiste abitata da una società ideale dove la cultura domina e regola la vita degli uomini. Un luogo dove regna la pace, quanto sarebbe bello! Dove c'è pace c'è ecologia, possiamo dedurre.

Utopia è un neologismo creato da Moro, una parola che sta a significare il non-luogo, quindi un posto che non esiste nella realtà ma che si può soltanto immaginare. Con questo termine il filosofo ci ha detto che possiamo pensare la perfezione senza poterla raggiungere, apparentemente nulla di nuovo, il mondo ideale esisteva già grazie a Platone, un Mondo delle idee quello del filosofo greco capace di essere modello per le nostre vite. E allora cosa possiamo trarre da questa parola, utopia, che poi nella storia politica e sociale abbiamo altre volte incontrato? Dobbiamo arrenderci alla sconfitta? Quando, ad esempio, qualcuno lotta per la pace nel mondo si dice: “Ma dai, è un'utopia!”. Lo si sostiene in base all'esperienza, la concordia tra gli uomini non è mai resistita a lungo.

L'utopia, al di là del romanzo di Moro, è un non-luogo immaginabile, è un sogno, è un desiderio umano spinto dal bisogno di giustizia, di pace, di fratellanza, di nonviolenza e negli ultimi anni di ecologia: lavorare per questi grandi ideali è credere nel sogno e sappiamo quanto i sogni sappiano condurci nei luoghi più desiderabili, ma possediamo anche le prove di quanto essi si possano a volte realizzare. Per la transizione ecologica dobbiamo fare i conti, tornando con i piedi per terra lontani da voli pindarici, non con i sogni ma con la realtà, infatti l'estrazione di litio, indispensabile metallo per le pile ricaricabili, implica un grande consumo di acqua e di emissioni di CO2 in atmosfera. In Europa il maggiore produttore è il Portogallo dove il metallo è presente nelle rocce e da dove l'estrazione diventa ancora più divoratrice di energia e di emissioni di anidride carbonica in atmosfera. In alte zone del mondo come la Bolivia dove esiste il più grande giacimento di litio del mondo che insieme a Cile ed Argentina detengono ben il 60% delle risorse mondiali, lì si concentra la corsa al litio. Per raggiungere l'obiettivo della riduzione delle emissioni entro il 2030 di almeno il 55% rispetto al 1990 dovremmo abbandonare ad esempio i nostri sistemi di comunicazione, smartphone, tablet,fino alle auto elettriche... Ciò è realizzabile? La guerra del litio è solo all'inizio, con buona pace delle utopie.

Maria Giovanna Farina (Il Mattino di Foggia, 20 gennaio 2022)