Omar e i suoi fratelli

 

Un ragazzino egiziano, la sua disperata ricerca di un contatto e la sua personale vittoria sull’indifferenza della grande metropoli         

  

Omar viene dall’Egitto, è l’ultimo di una famiglia numerosa. I suoi fratelli sono tutti grandi, forti e decisi ad imporre la loro virilità, lui è un piccolo scricciolo che cerca di farsi largo tra le difficoltà di questa Milano multietnica, ma qualche volta troppo distratta.

  A scuola non se la cava tanto bene e per ogni brutto voto lo attendono, a casa, le botte di un  padre reso cieco dal lato più bieco della tradizione che gli impedisce di accettare la gentilezza e la dolcezza in un futuro uomo, tanto meno le defaillance scolastiche. Del resto lui è giunto in Italia quindici anni fa, con grandi sacrifici è riuscito ad avviare con successo una piccola azienda famigliare, ma non ha un briciolo di sensibilità  per sospettare che forse il figlio minore abbia una qualche difficoltà. No, ciò non è ammissibile, le cinghiate hanno fatto crescere gli altri figli perciò faranno, per pedagogica conseguenza, crescere anche Omar. La mamma non può che tacere e sottomettersi all’autorità patriarcale.

  Omar farebbe qualsiasi cosa pur di avere un amico, ma non è facile sentirsi come gli altri, così per condividere qualche momento con i coetanei mette a loro disposizione ogni cosa, anche i suoi oggetti più preziosi. Durante l’intervallo scolastico, raro momento in cui parla con gli altri ragazzi, il suo viso ha un’espressione sorridente, ma quando non ci sono novità da esibire il suo sguardo torna triste, mentre osserva gli altri divertirsi. I bambini a volte sono delle piccole canaglie e quando un loro pari è diverso tendono ad estrometterlo dal gruppo, ad Omar non resta così che cercare altrove. I bambini handicappati, gli stranieri in difficoltà e tutti gli emarginati diventano i suoi punti di riferimento fuori e dentro la scuola, allontanandolo sempre più dall’auspicabile integrazione. Se gli chiedi chi è il suo migliore amico, ti risponde con tono orgoglioso che è quel unico compagno di scuola con cui ha fraternizzato perché lo fa sentire più adeguato. Si tratta di Paolo, un dodicenne ripetente con qualche problema di dislessia e con qualche disturbo del comportamento causato dalla derisione e dalla cattiva predisposizione degli altri nei suoi confronti; tra i due ragazzini si crea una forte empatia e insieme affrontano meglio la dura legge dei “normali”. Paolo e Omar riescono ad incontrarsi fuori dalla scuola, qualche breve momento di gioco ai giardini è per Omar un’occasione preziosa, ma troppo rara per concretizzare il suo sogno: avere un compagno di giochi e un amico del cuore per crescere. Il suo desiderio è così grande e il tempo a disposizione così scarso che l’ansia prende il sopravvento sulla soddisfazione, impedendogli di godere fino in fondo quei pochi momenti di gioia.

  Silvio, un suo compagno di classe, festeggerà domani il suo undicesimo compleanno, una festa con tartine, bibite e palloncini colorati attende lui e i suoi amici in quel locale tanto alla moda, ma Omar non può andarci: suo padre non condivide queste usanze occidentali durante il Ramadan e nessuno adulto prova ad immaginare che magari la data della festa si sarebbe potuta anche spostare..... Dopo ripetuti no lo cancellano definitivamente dalla lista degli invitati.

  La sua scuola non offre alcuna chance a chi è di un’altra cultura, ma Omar non si perde d’animo facilmente, il momento per gettare la spugna è ancora lontano. E’ l’ora di religione cattolica, tutti i suoi compagni hanno scelto di frequentarla mentre a lui non resta che uscire dalla classe per svolgere qualche improvvisata attività alternativa. Omar inventa ogni volta mille scuse per rimanere in classe, ma l’ombra del sacrilegio si abbatte su di lui: “Come ti permetti di infrangere le regole della tua famiglia”, tuona l’insegnante di religione credendo di mostrarsi aperta all’Islam mentre sta chiudendo le porte alla carità cristiana. Omar avrebbe anche contravvenuto alle regole, dopotutto cosa c’è di male ad ascoltare in silenzio la storia di un popolo diverso dal suo. Non sarebbe stato utile per conoscere meglio chi gli sta intorno?

  Il ragazzino è molto intonato ed ha una vera passione per il canto. Finalmente qualcosa da condividere con l’aiuto di Roberta, l’insegnante di musica, che non si limita a dispensare suggerimenti accompagnando abilmente i bambini alle tastiere durante le loro performance canore, ma educa le loro abilità ad un comune progetto musicale. Omar è felice, la sua voce si leva leggera e libera da ogni divieto sacrale. La bravura del piccolo coro cresce tanto da portarlo ad affrontare brani di musica più impegnativa, così diventa inevitabile inserire un “Tu scendi dalle stelle” nel periodo natalizio. Roberta conosce le regole, ma le infrange fingendo, nel dare ascolto solo al suo cuore, di dimenticarsi che Omar è lì. Ecco giungere l’opportunità desiderata: il coro è invitato a tenere un piccolo concerto durante una festa che si svolgerà in un oratorio lì vicino. Nulla di liturgico, ma il luogo obbliga il padre di Omar a negare il suo consenso alla partecipazione del figlio. Questa presa di posizione è comprensibile, un po’ meno quella degli adulti, genitori ed insegnanti dei compagni di avventura di Omar, che non hanno cercato un vero punto di dialogo con la famiglia. Forse sarebbe bastata una spiegazione caratterizzata da una giusta dose di competenza e di amore per aprire una breccia nella mente di quel uomo reso così chiuso dal suo retaggio culturale. E pensare che l’arte non dovrebbe avere confini di sorta! Per Omar un grande dolore, il suo progetto è stato distrutto ed è difficile per lui pensare ad un’altra possibilità di riscatto.

  Le elementari sono finite, per il ragazzo si prepara il nuovo importante percorso della scuola media, immaginato come un luogo sconosciuto che gli fa un po’ paura. Per lui la vita è già difficile in famiglia, fuori non ha nessuno con cui trascorrere il tempo libero e condividere le esperienze di una pubertà ormai incipiente, così la nuova scuola non fa che acuire il suo disagio. Non riesce a seguire le lezioni, il rendimento scolastico è pessimo e le cinghiate spezzano in modo irreversibile il suo fragile equilibrio. Va a scuola ugualmente ma si chiude ad ogni forma di comunicazione, spesso lo si trova chiuso a chiave in bagno a vomitare, mentre i suoi  professori iniziano a temere per la sua incolumità.

  Una mattina Omar si alza con una ritrovata energia e si prepara per andare a scuola con un insolito sorriso stampato sul volto, eh sì! ha preso la sua decisione: “Vado a trovare Alessandra”, si è detto fra sé e sé al momento del risveglio e questa decisione lo mette di buon umore. Alessandra è stata la maestra di sostegno di Paolo ed è una figura di riferimento importante per molti bambini in difficoltà. Di nascosto dalla famiglia e da tutti, Omar si reca con aria decisa alla sua vecchia scuola elementare che, nonostante tutto, rimpiange con quel velo di ottimismo tipico dei ricordi. Un attimo di esitazione, poi chiede al custode di poter parlare con Alessandra. “Posso venire qui con te al pomeriggio a fare i compiti?” Chiede con un filo di voce. Alessandra è stupita dell’insolita richiesta, ma ancor più rimane senza parole alla vista del ragazzo: è pallido, visibilmente dimagrito ed ha un’aria sconsolata. E’ sufficiente un sorriso dell’insegnante perché Omar inizi a confidare il suo dramma. Alessandra rimane sconvolta da tanto dolore e con un nodo alla gola lo rassicura: “Stai tranquillo Omar, verrò io a parlare con i tuoi nuovi insegnanti”.

  L’incontro si rivela decisivo, Alessandra anche se non ha alcuna responsabilità e tanto meno alcuna autorità, decide di raccogliere tutte le sue forze per tentare di salvare l’esistenza di questo ragazzo. Fissa un appuntamento col Preside della scuola media frequentata da Omar e lo informa della situazione che il ragazzo sta vivendo. E proprio in quel momento Alessandra scopre che per negligenza nessuno degli ex insegnanti aveva accolto l’invito del Preside a parlare dei problemi del ragazzo, nessuno aveva provveduto a presentare il caso in modo adeguato e nessuno aveva in precedenza chiesto il sostegno per un alunno con difficoltà evidenti. Nessuno aveva lavorato per la tanto decantata integrazione.

  Omar sta meglio, il Preside e il corpo docente si sono adoperati per offrirgli un supporto psicologico all’interno della scuola per aiutarlo a vivere bene con gli altri, tutto all’insaputa della famiglia. Qualche volta l’omertà può essere utile.         

 

  Maria Giovanna Farina   (Diario,23 luglio 2004)                                                                          



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