La difficoltà di essere diversi



L’intervista ad un docente di scuola media superiore, eterosessuale dichiarato, sensibile all’argomento omosessualità ci offre un panorama distante da una presunta realtà dorata e ci dà lo spunto per una riflessione sulla diversità in generale, riflessione che mi è stata sollecita dagli stessi lettori.

 

Massimo, 53 anni milanese, insegna da quasi trent’anni all’istituto tecnico; nel corso della sua carriera cambia solo tre sedi e da sempre è sensibile all’argomento omosessualità. Non ha mai sopportato “quei vigliacchi” che si accaniscono contro chi per qualche motivo si trova in una posizione scomoda o di disagio. Ciò che mi attrae della sua esperienza è la sua attenta osservazione delle dinamiche relazionali omosessuali e di come all’interno della scuola vengono presi in considerazione certi argomenti. Questa intervista non può certo essere considerata tout court un modello di riferimento per un discorso in generale sulla omosessualità nella scuola, ma in una scuola che “va a pezzi”, * questo singolare docente rappresenta un prezioso contributo e una testimonianza di autentica riflessione sull’argomento.

 

* Lo stato dell’edilizia è l’aspetto più problematico del sistema scolastico italiano. A tal proposito da un’indagine Eurispes, condotta su un campione di 1.500 genitori, emerge che  il 58,2 % degli intervistati ha espresso un giudizio complessivamente negativo sull’edilizia scolastica, mentre appena il 38,5% del campione ha fornito una valutazione nell’insieme positiva. Da considerare, però, che il giudizio è “molto negativo” per il 12,1% dei genitori  mentre appena il 2,1% del campione esprime una valutazione molto positiva. (fonte Eurispes ott.’03)

 

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D. Ha conosciuto studenti omosessuali?

R. Durante i miei quasi trent’anni di insegnamento in tre Istituti tecnici ne ho conosciuti molti, più maschi che femmine, ma solo uno me lo ha detto apertamente.

D. E’ cambiato e in che cosa è cambiato il rapporto con gli omosessuali e con l’omosessualità nella scuola?

R. Rispetto al clima di quando ero studente io è cambiato pochissimo (anni ‘70 n.d.a.). Vengono derisi più apertamente dai maschi mentre le femmine si limitano a risolini.

D. Non c’è quindi per lei un cambiamento sostanziale?

R. No, assolutamente. Almeno nel tipo di scuole dove ho insegnato io tutte nell’hinterland   milanese. Parlo spesso con colleghi che lavorano in scuole cittadine dove la cosa è meno marcata ma sostanzialmente non cambia molto.

D. Nella sua scuola ha scambiato le sue opinioni con i colleghi?

R. Ne abbiamo parlato tra di noi ma, mai a livello informativo nella scuola.

D. In che termini ne avete parlato?

R. Solamente mi hanno fatto notare gli studenti ritenuti omosessuali.

D. Questi studenti vengono discriminati a livello scolastico?

R. Assolutamente no, da quel punto di vista non subiscono vessazioni.

D. Quel unico ragazzo che le ha confidato la propria omosessualità in che occasione e in che termini lo ha fatto?

R. L’ho incontrato al di fuori dell’ambito scolastico, ero in un locale notturno e di fronte all’inequivocabile è stato costretto a dirmelo.

D. Da quello che racconta sembra che l’apertura verso l’omosessualità sia solo apparente.

R. Diciamo che le frecciate verso gli omo non sono più così feroci come quando ero studente io, quindi secondo la mia esperienza posso dire che c’è solo un lieve miglioramento.

D. All’interno della comunità scolastica gli omo legano con gli compagni?

R. Da quello che ho osservato, i gay non legano con gli altri ragazzi perché hanno interessi diversi ad esempio non amano sport come il calcio. Si trovano meglio con le femmine. E’ rara un’amicizia con un maschio etero.

D. Cosa ha fatto concretamente per aiutare gli studenti omosessuali che ha conosciuto?

R. Ho sempre trattato gli studenti allo stesso modo preoccupandomi del loro equilibrio emotivo, come ho già detto ho conosciuto un solo studente che si è dichiarato chiedendomi di mantenere il segreto.

D. Quello che viene fuori dai suoi racconti è che non ci sono ammissioni spontanee.

R. Credo che l’ambiente scolastico non sia idoneo e non favorisca il coming-out, c’è una certa paura di essere discriminati perciò preferiscono il silenzio.

D. Da che cosa nasce il suo interesse per l’omosessualità?

R. In generale mi sono sempre preoccupato della sfera psicologica dei miei studenti e quelli omosessuali credo siano più a rischio di sofferenza.

D. E le studentesse omo?

R. Nel corso degli anni ho imparato a capirle. Il loro sguardo è un indicatore importante, è diverso da quello delle ragazze etero. Direi che riesco a percepire il disinteresse per il sesso maschile.

R. Questo serve per porsi come mediatore tra le avances dei maschi etero e il bisogno delle lesbiche di affermare la loro identità sessuale?

R. Sì

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  Per non togliere spontaneità all’intervista abbiamo conversato in un secondo momento. Dal colloquio con questo insegnante mi sono fatta un’idea circa il suo interesse così vivo per l’argomento omosessualità. Nel corso della sua carriera, Massimo si è messo a disposizione degli studenti con una tale apertura da imbattersi egli stesso con i pregiudizi, mi racconta che anni fa una studentessa gli chiese: “Professore, lei è omosessuale?”. Di lì sono iniziati i loro discorsi sull’argomento e da lì si può notare come anche ragazzi così giovani diano vita ad una banale associazione: ti interessa l’omosessualità, allora sei omosessuale. Ma lui non si è scoraggiato e io stessa gli ho fatto notare che quando abbiamo un interesse così vivo per un argomento in qualche modo ci tocca. Già ma dove ci tocca?

   Massimo è una persona diversa. Le mode non lo hanno mai colpito, il suo look è del tutto informale, il suo modo di esprimersi, molto forbito, è anch’esso privo da contaminazioni modaiole; per non parlare dei gusti musicali, culturali e politici. Ha poi il “brutto vizio” di dire ad alta voce quello che pensa. Senza approfondire il discorso nella sfera troppo intima, si può affermare che Massimo non passa inosservato e il suo essere diverso, e come tale discriminato, gli ha consentito di avere una certa sensibilità verso la diversità sessuale che a parer suo è quella più perseguitata.

  Sì perché la diversità sessuale, brutta definizione per riferirsi a chi ha un orientamento sessuale dissimile dalla maggioranza degli esseri umani, è oggetto di discriminazione come altre forme di differenza. Pensiamo alle persone seriamente obese e alle difficoltà che incontrano nella loro quotidiana relazione con gli altri e con l’ambiente; per loro è difficile trovare capi di abbigliamento pret a porte e un posto a sedere sull’autobus, per non parlare delle battute ironiche che fin da piccoli sono stati costretti a subire. Per non sentirsi discriminati non è sufficiente sapere che qualche loro simile è riuscito ad emergere e fare della pinguetudine un busness. Sì perché un grasso è discriminato, il mondo non è fatto a sua misura, ma è costruito per i magri che trovano tutto quello di cui hanno necessità senza fare alcuna fatica. Ricordo il caso di una ragazza, Magda, che apparentemente per motivi di salute, in realtà per essere come le altre sue coetanee, si sottopose a 23 anni ad un intervento chirurgico di riduzione del tratto intestinale che le consentì di perdere oltre 100 kg di peso corporeo. In un lasso di tempo relativamente breve si ritrovò finalmente con la taglia 46, ma in un tale stato depressivo da non riuscire a godere della sua nuova immagine. Si accorse di essere stata  doppiamente vittima: di una discriminazione strutturale (il mondo è fatto per i magri) e di una discriminazione sociale (chi è obeso, in quanto diverso, viene spesso escluso dal gruppo).

  Anche la diversità considerata da tutti positiva subisce la stessa non accoglienza, pensiamo ai primi della classe o ai superdotati intellettualmente e alla loro difficile convivenza nel gruppo. L’invidia degli altri isola queste persone e le rende spesso antipatiche, in realtà non si tratta di malevolenza, ma di una difesa naturale che esse adottano per difendersi dalla discriminazione. In modo particolare i bambini superdotati non trovano scuole adatte a loro perché la loro straordinaria intelligenza, non adeguata all’età, è paradossalmente un handicap: per loro è difficile seguire le normali attività didattiche e socializzare con il gruppo classe perché il divario intellettuale con i loro coetanei rende molto difficile la condivisione. Nel “Dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé” ed. Boringhieri, Alice Miller illustra la difficoltà e la discriminazione, generatrici di un pericoloso isolamento, di cui spesso questi bambini sono vittime, in questo testo l’autrice mostra il dramma interiore del bambino dotato e fornisce ai genitori dei validi strumenti per correggere i propri errori di comportamento con questi figli così diversi. 

  Si dice che il diverso ci arricchisce, è vero, ma alla condizione che non ci faccia paura e che non ci costringa alla messa in discussione delle nostre certezze. In generale, ogniqualvolta si punta il dito, si ridicolizza o si esclude una persona diversa si rinuncia ad una relazione tra il Noi e l’Altro, in altre parole si innalza una barriera di incomunicabilità che impedisce ogni contatto tra le vicendevoli esperienze dei due interpreti della comunicazione. Così quando un etero prende in giro un gay in realtà ha paura di “guardare” la componente omosessuale che esiste dentro di sé, ciò vorrebbe dire mettere a rischio di confutazione la certezza della propria eterosessualità; allo stesso modo quando chiamiamo “ciccione” un obeso è il terrore di poter diventare come lui a farci prendere così pesantemente le distanze dalla persona che ci è dinnanzi  e dalla possibilità di perdere lo status di magri, propagandato e istituzionalizzato dal nostro modello culturale come il migliore.

  Per i superdotati intellettualmente la questione è un po’ differente. Le persone con quoziente di intelligenza molto alto ci pongono ad un livello di inferiorità permanente, è impossibile tentare di raggiungerli e perciò non ci resta che escluderli cercando, con un certo accanimento, di trovar in loro dei difetti e delle debolezze che spingeremo all’esasperazione per giustificare il nostro rifiuto nei loro confronti. Quante volte abbiamo udito: “Sì è molto intelligente, ma è scostante, antipatico e brutto”.

  A questo punto potremo concludere sostenendo che per i diversi in generale non ci sia alcuna possibilità di armonica integrazione. Apparentemente può sembrare così e spesso lo è, ma se ci mettessimo ad osservare con una visione meno ridotta ed una ri-trovata propensione ad uno sguardo d’insieme, ci accorgeremmo che il diverso non esiste. Esiste solo l’essere umano, simile ma uguale agli altri, che comunica con il corpo, con le parole, con i gesti, con la mimica facciale, con le posture del corpo, con il pianto.....e con il sesso. Gli strumenti umani di espressione sono vari, gli uomini sono miliardi, le possibilità di relazione dell’essere-nel-mondo sono quasi infinite, perciò essere omosessuale, obeso o superintelligente sono solo tre modalità dell’esistenza. Questa è la strada da percorrere per eliminare barriere, stanchi pregiudizi e vuote apologie della diversità.

  Una notizia di cronaca si impone alla mia attenzione come triste testimonianza di ciò che sto affermando. L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie un quindicenne di Civitavecchia subisce l’ennesimo abuso: viene picchiato selvaggiamente a scuola da un gruppo di coetanei, riportando la lesione della milza e una grave emorragia interna. L’unica sua “colpa” è quella di non far parte del gruppo dei forti a causa della sua timidezza. Basta anche una diversità minima come la timidezza per essere discriminati e perseguitati.                                                                        

 

                                    Maria Giovanna Farina  (Babilonia, febbraio 2004)      



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