Il sogno della pace



 


Sognando la pace si può arrivare alla pace? Questa notte ho fatto un sogno, ero nel bel mezzo di un corpo a corpo tra un cowboy e un pellirossa. Il tempo era quello della conquista dell'ovest, c'erano le diligenze e le strade non erano asfaltate. Alla finestra di una casa di legno una donna osservava l'accaduto e intorno ai due combattenti un gruppo di sostenitori del cowboy mostrava tutto il desiderio di vederlo vittorioso. A me il compito di aiutare il pellirossa disarmato fornendogli un pugnale, ma dopo una breve esitazione decido di disarmare il cowboy... poi al risveglio erano entrambi al mio tavolo per dialogare.

Il Dialogo, termine composto da dià, attraverso e logos, discorso, è una parola lunga millenni, di cui il filosofo Socrate ne ha dato un significato profondo e di cura interiore. Il dialogo nasce come confronto verbale, ma per avere efficacia deve mettere in campo le idee. Il dialogo non è un parlare per parlare, un bla bla di parole pompose, esso è un passare attraverso l'altro in senso metaforico, è un “perforare” simbolico e pacifico per incontrarlo.

Nel caso della guerra le idee dei contendenti sono chiaramente opposte, a volte inconciliabili e trovare un punto di incontro diventa complicato. Le guerre insanguinano il pianeta da sempre, al posto di dialogare si cercano nuove e moderne tecnologie per combattere e tentare di vincere il nemico; chi soccombe a tanta ferocia sono però solo i popoli, i cosiddetti civili, che subiscono morte e distruzione senza trarne alcun vantaggio. Ma l’uomo, con la sua corteccia cerebrale così evoluta rispetto a quella degli altri abitanti del pianeta, non potrebbe trovare una soluzione a questa piaga distruttiva del vivere civile?

Nel 1600 il filosofo Thomas Hobbes ci mette in guardia con la celebre affermazione homo homini lupus, l’uomo è lupo per l’altro uomo: nessuno ci è amico e se può soffiarci l’osso lo fa senza pensarci due volte. Divenuti civili, gli umani che comandano trasformano la legge di sopravvivenza in lotta di conquista da cui troppo spesso nascono le guerre. Se il filosofo ci ha messo in guardia, non significa che dobbiamo arrenderci a quel lato della natura umana messa in luce fin dal tempo delle Tavole della Legge: non scordiamo un comandamento dettato da Dio a Mosè che prescrive di non uccidere. Se c'è stato bisogno di proibire l'omicidio è perché l'essere umano è per natura portato a commetterlo.

Non dobbiamo perdere la speranza, la speranza che si possa dialogare è forte, ma dobbiamo ricordare che la speranza da sola non basta, essa è un'attesa fiduciosa, uno stato dell'anima ottimista che però da sola non risolve il problema. Si rende invece necessario educare alla nonviolenza. È possibile vivere in modo nonviolento? Sì, se si osserva la vita nei suoi diversi aspetti, non si può pensare di riuscirci se si continua no a maltrattare gli animali, ad inquinare senza tregua, ad essere violenti a partire dagli sguardi feroci verso chi non la pensa come noi. La violenza di cui la guerra è massima esponente si argina, nel tentativo di superarla, convincendosi che si possono ottenere risultati solo con l'uso della parola di cui noi umani siamo gli unici detentori. Il dialogo non è solo un vocabolo, ma una modalità per vivere in pace nel Mondo. Se nel mio sogno avessi armato l'indiano avrei reso solo più feroce il conflitto stritolando la parola pace nelle ganasce del potere: era solo un sogno, ma i sogni possono avverarsi.


Maria Giovanna Farina (Il Mattino di Foggia, 3 maggio 2022)