Come sarà il Natale che verrà?



 

Ogni anno ritorna il Natale che per i Cristiani è una festa importantissima, la commemorazione della nascita di Cristo. Si decise di festeggiarlo il 25 dicembre a partire dalla metà del IV secolo quando il Natale entrò nella romanità nel giorno del solstizio d’inverno. Per i Cristiani è rievocare la nascita di Cristo, il Dio fatto uomo, è la luce che illumina le tenebre come la luce del solstizio era al centro della festa pagana. Questa solennità è entrata con entusiasmo anche nella vita dei non credenti, agnostici, miscredenti o atei che siano, ed è festeggiata con lo scambio di regali, con la preparazione di pranzi in famiglia, con l’impegno a promuovere opere di carità verso i bisognosi. Anche chi non crede avverte la sacralità del Natale e quel bisogno di essere più buoni, solidali: in una parola più propensi ad amare. Non solo chi ci vive accanto ma l’umanità tutta, è come se in quei giorni si desiderasse il volersi bene che sta alla base del messaggio cristiano. Forse non ci si rende conto di comportarsi da credenti anche se non lo si è.

Ma cosa vuol dire essere credenti? Significa solo credere nel messaggio religioso di Cristo? Oppure credere nella fratellanza al di là un insegnamento religioso? Essere credente dal punto di vista religioso vuol dire seguire una religione, nella fattispecie quella cristiana ed accettarla con un atto di fede. Credere nel Natale significa anche festeggiare senza eccessi con la gioia di chi è ispirato dal valore del messaggio. I doni che ci si scambia rimandano alla nascita, alla cometa che i Re Magi hanno seguito recando con sé tre famosi regali per Cristo: oro, incenso e mirra. Anche chi non crede, quindi, dona qualcosa di prezioso e simbolico a chi ama, il dono deve parlare di noi, deve dire che qualcosa di noi si sta facendo dono. Il farsi dono è qualcosa di noi che non si vede, ma che diventa tangibile attraverso l’oggetto che doniamo, il farsi dono è il Noi che si presenta all’Altro. È donare la parte migliore di Noi.

Celebrare il Natale è non scordare mai la sacralità della vita che significa rispetto per l’altro, per il suo esistere. Il Natale è di conseguenza per tutti, credenti e non, uno scambio d’amore, una rievocazione del sacro che c’è in noi e il dono è simbolo del nostro donarci all’Altro. Ciò spiega il senso profondo della sollevazione popolare contro quelle “regole” astruse varate, e poi ritirate, dalla Comunità europea per cui era sconsigliato usare il termine Natale mentre sarebbe stato meglio parlare di Festività. Ciò per non urtare la sensibilità di chi è di un'altra fede. Giù le mani dal Natale, più che d'accordo, ma anche viva attenzione alle contraddizioni ipocrite di chi non si preoccupa di quei numerosi stranieri che raccolgono verdura e frutta per pochi euro: dei loro diritti violati, del loro essere schiavi di un sistema di sfruttamento inaccettabile l'Europa non si preoccupa? Ciò è molto stridente.

Il Natale giunge ogni anno a ricordarci che rinascere è la grande opportunità che ci attende ogni 25 dicembre. Anche noi,come il Bambino Gesù, possiamo ritrovare la luce, riconquistare una nuova opportunità e reindirizzare la nostra vita verso orizzonti migliori, lontani dall’odio e dalla violenza. E dobbiamo far ricordare con forza che anche loro, i dimenticati e i sottomessi, sono persone con una sensibilità da non urtare.

Maria Giovanna Farina (Il Mattino di Foggia, 15 dicembre 2021)