Un rivoluzionario chiamato Renè




Anche i pensatori apparentemente più conservatori possono nascondere una spinta

innovatrice che va ri-cercata al di là dell’apparenza




Il 31 marzo 1596 nasceva a La Haye in Francia René Descartes conosciuto all’ampio pubblico come Renato Cartesio e come l’inventore degli assi cartesiani, fu grande matematico e illustre filosofo, ma al di là di ciò che di lui possiamo conoscere dai libri pubblicati resta la possibilità di scoprire nuovi orizzonti e nuove ricchezze nelle pieghe non istituzionali del suo pensiero.

Oggi nel 2009 quale utilità può avere la lettura dell’illustre filosofo per la nostra vita quotidiana? Apparentemente nessuna. La nostra è una vita così lontana dalle dispute matematiche con cui il Nostro era solito cimentarsi con spirito un po’ istrionico. Una vita così lontana dalle meditazioni solitarie dalle quali Descartes ebbe la famosa “rivelazione” per la creazione di un nuovo sistema scientifico. Una vita così lontana dalla nostra, dove i privilegi, ora come allora, non sono proprio tipici “dell’uomo comune”. Descartes non fu certo un uomo comune, la sua rendita gli permise di non lavorare e di occuparsi solo dei suoi alti pensieri. La salute cagionevole favorì in questo senso tutta la sua vita. Basta leggere il “Discorso sul metodo”, la sua opera più celebre e divulgativa, per rendersi conto che nei meandri di uno spudorato conservatore si nasconde il germe della rivoluzione. In quest’opera accanto ad una profonda devozione alla Bandiera, alla Religione e alla Legge, c’è il bisogno e il proposito di liberarsi, attraverso un viaggio catartico, delle false opinioni. Certamente Descartes trovò un utile alleato nel pensiero del filosofo inglese Francis Bacon (Bacone) che con la sua teoria degli idola, le false idee della mente, individuò quelle opinioni ingannevoli che, accompagnandoci fin dall’infanzia, condizionano il nostro operato. L’intuizione era riferita al progresso scientifico, ma non credo sia troppo azzardato ricavarne un insegnamento per il vivere quotidiano. I pregiudizi sono troppo spesso causa di prese di posizioni estreme e deleterie che non giovano al nostro vivere civile e Bacone, già dal ‘600 comprese l’importanza negativa degli idola e del loro potere di deviare la mente dalla verità. Il particolare della “rivoluzione cartesiana” risiede nel metodo che egli stesso vuole comunicare al lettore senza imporre nulla perché, come sosteneva Socrate, solo attraverso il dubbio si giunge ad una qualche certezza.

Descartes amava sottrarsi, ma non per vigliaccheria. Non era certamente un vile codardo, ma un uomo di valore e lo dimostrò con la sua, seppur breve, carriera militare arruolandosi volontario alle dipendenze del principe Maurizio di Nassau. Amava sottrarsi solo per stare tranquillo, per non perdere tempo prezioso in una querelle non proprio filosofica che sarebbe sorta se avesse pubblicato “Il Mondo”, un’opera con contenuti simili a quelli che portarono Galilei davanti al tribunale della Santa Inquisizione. Non era un filosofo che amava senza pudore vantare il suo sapere e per stare tranquillo cambiava abitazione ogni qualvolta perdeva l’amata tranquillità del vivere appartati. Elesse per vent’anni l’Olanda come sua residenza, un paese che gli permise di vivere in pace e di pubblicare le sue opere senza problemi. Coerente fino alla fine, sulla sua tomba volle la scritta: Bene qui latuit bene vixit” (bene visse chi bene seppe celarsi). Un testamento e una rivelazione, in questa breve massima di Ovidio si nasconde un insegnamento fondamentale per chiunque voglia ri-vedere la tradizione senza essere messo all’indice da un certo perbenismo conservatore.

In che cosa risiede lo spirito rivoluzionario? Nel Discorso troviamo una riflessione rivelatrice quando egli osserva, con un argomento preso molto alla lontana come nel suo stile, che le nozioni apprese in collegio durante gli studi dovevano essere messe da parte perché c’è più verità nel “gran libro del mondo…. Il Nostro non si fidava di ciò che gli avevano fatto credere come verità assolute e voleva metterle in discussione con quello spirito critico caratteristico di chi vuole trovare la verità senza condizionamenti. Il germe della rivoluzione è proprio in questa netta messa in discussione della cultura tradizionale; la storia dimostra che la rivoluzione parte sempre da un rifiuto e da un superamento della cultura dominante. Descartes ci insegna a non prendere le Verità come oro colato. Ma dimostra col suo esempio il modo più produttivo e meno cruento di ri-vedere la tradizione: rosicchiarne le fondamenta pian piano senza clamore, ma con perseverante pervicacia magari passando per un tipo strano e solitario che, come si direbbe oggi, se la tira, forse, un po’ troppo. Ri-leggere Descartes vuol dire scoprire qualcosa di diverso rispetto alle dissertazioni filosofiche a cui la scuola ci ha abituati. Si tratta di una ri-lettura libera da condizionamenti e mirata a cogliere quello che l’uomo Descartes ci ha voluto comunicare (chissà con quanta intenzione?) al là dei suoi scritti.

E che dire del fatto che con un femminismo ante litteram egli considerasse le donne più avvezze alla filosofia perché più amabili, più pazienti, in poche parole più libere da pregiudizi e dalle false dottrine di molti uomini? Questo modo di pensare non stupisce affatto se ricondotto ad un uomo che scriveva in una lettera ad un amico riferendosi alla piccola Francine, la sua unica figlia morta a sei anni di scarlattina:Io non sono uno di quelli che credono che le lacrime e la tristezza appartengano solo alle donne e che per mostrarsi uomini forti bisogna sforzarsi di mostrare sempre un viso tranquillo”.

Forse aveva ragione Platone quando consigliava i filosofi al governo della Repubblica…Ma se non tutti i politici sono filosofi è anche vero che non tutti i filosofi sono Descartes.


Maria Giovanna Farina (pubblicato su: www.transfinito.eu)

Visita www.transfinito.eu


  Torna indietro