Claudio Bisio: tra ironia, ringraziamento e filosofia



Prendendo spunto da Daniel Pennac e dal testo teatrale Grazie che lei ha rappresentato: il ringraziamento è un’arte che si inserisce nella relazione, è qualcosa a cui si va incontro, qualcosa a cui ci si può sottrarre. Alla luce della sua esperienza umana e teatrale cosa pensa del Grazie? Questo lavoro ha cambiato il suo rapporto con il ringraziamento?

Pennac non solo è uno scrittore che amo, ma è anche un uomo che ammiro profondamente. E’ un intellettuale privo di qualsiasi spocchia. E’ persona gentile e sincera, ironica e curiosa. Solamente uno come lui poteva scrivere un testo su una parola come grazie. Piccola-grande parola. Preziosa se sincera, stucchevole se usata in modo falso.

Aristotele riteneva la tragedia capace di purificare l’animo dello spettatore dalle passioni, quanto di questo lei riscontra nella sua esperienza di attore?

Aiuto: mai mi permetterei di contraddire Aristotele! Credo che tragedie e commedie ben scritte e ben recitate, possono – in modi profondamente diversi – riuscire, per lo spazio della rappresentazione, a conquistare cuore, cervello e pancia del pubblico. Non so se poi ne purifichino l’animo, certo è che lo arricchiscono!

Nella migliore comicità c’è sempre la componente ironica. Cosa ne pensa?

Sono d’accordo. Lo scivolone sulla buccia di banana mi piace, ma la comicità che preferisco è quella meno immediata, meno facile. Quella nella quale c’è la capacità di rovesciare le situazioni, di dare luce alle contraddizioni, guardare la realtà con lenti diverse, quelle dell’ironia e soprattutto dell’auto-ironia.

Tutto ciò che l’uomo produce è scrittura nel senso di tracce che lascia di sé, quindi anche il suo essere attore è scrittura. Come si rapporta alle tracce che lascia nella cultura?

Le mie sono tracce lievi. Il mio campo è infatti quello della leggerezza. A volte si tratta solo di uno sguardo diverso, il suggerimento di un punto di vista inaspettato. Non c’è traccia che io abbia lasciato che oggi vorrei cancellare. Ed è forse questo il mio rapporto con le tracce: non fare mai nulla di cui un giorno potrei pentirmi.

Mi rivolgo a lei e a sua moglie come coppia - Potete considerare il vostro libro Doppio misto - Autobiografia di coppia non autorizzata un’autobiografia come cura? Per il lettore, un libro autobiografico è un utile confronto con le esperienze personali, avete avuto riscontri in tal senso?

Come dice il sottotitolo, il libro è un’“autobiografia non autorizzata”, una vera e propria contraddizione di termini, no? Per noi non è stata una cura, ma un modo per divertirci (provocarci, stimolarci, stupirci) a distanza: lo abbiamo scritto, infatti, via mail mentre io ero in tournée…Ci siamo divertiti ad assumere i panni di due personaggi che hanno i nostri nomi e molte nostre caratteristiche, ma anche quelle di amici e conoscenti ai quali abbiamo “rubato” vizi e virtù, spezzoni di vita vissuta o semplicemente ascoltata o inventata. Forse per questo i due protagonisti sono diventati due personaggi nei quali molti lettori – così come ci dicono quando ci incontrano – si sono potuti riconoscere. 



Maria Giovanna Farina



L'accento di Socrate